IL LATTE DI CAPRA
Il latte di capra presenta un’elevata variabilità sia nella composizione sia nell’attitudine alla trasformazione casearia, in relazione alle caratteristiche peculiari della razza, all’ordine di parto, ai fattori ambientali, alle tecniche di allevamento e di alimentazione, anche al momento della lattazione.
La sua composizione tipica lo rende preferibile al latte prodotto da altre specie zootecniche per il consumo umano diretto.
Per quanto riguarda la composizione, il latte di capra presenta delle caratteristiche differenti rispetto alle altre specie zootecniche.
I globuli di grasso presentano dimensioni minori rispetto a quelli del latte vaccino, con una maggiore superficie esposta che favorisce i processi di lipolisi, rendendo più digeribile il latte di capra. Questa peculiarità comporta però maggiori problemi di caseificazione del latte di capra, in quanto i globuli di grasso vengono inglobati più difficilmente nel reticolo caseinico, ottenendo minori rese, e provocano più facilmente irrancidimento, con conseguente maturazione più veloce dei formaggi caprini. Il latte di capra contiene inoltre percentuali superiori di acidi grassi a corta e media catena (da C10 a C14, capronico, caprilico, caprinico), responsabili del caratteristico odore e sapore dei formaggi di capra.
Le sostanze azotate sono costituite in massima parte da proteine (95-96%) e in minima parte da sostanze non proteiche (4-5%). La frazione proteica comprende caseine (as1, as2, ß e ?) e sieroproteine (a-lattoalbumina, ß-lattoglobulina, sieroalbumina e immunoglobuline). Le caseine sono presenti sotto forma di micelle in sospensione e precipitano quando il latte viene acidificato (coagulazione lattica) o per trattamento enzimatico con caglio (coagulazione presamica) o per centrifugazione ad alta velocità. Questi trattamenti sono alla base dei processi di trasformazione casearia. Il diametro medio delle micelle di caseina del latte di capra è inferiore a quello del latte vaccino e questo provoca la formazione di un coagulo più soffice e friabile. Questo rende il latte di capra più digeribile, ma meno idoneo a subire il processo di caseificazione.
Il latte di capra presenta una composizione in proteine più simile a quello umano che a quello vaccino. Il tasso di caseina è inferiore rispetto a quello bovino, mentre è superiore quello di sieroproteine, più facilmente digeribili rispetto alla caseina e di maggior valore biologico.
Il lattosio è lo zucchero (disaccaride) del latte e la sua concentrazione è direttamente correlata con la quantità di latte prodotto. È la componente meno variabile, anche se presente in minor quantità nel latte di fine lattazione o in presenza di ghiandole mammarie affette da mastiti.
Per quanto riguarda i minerali, il latte caprino presenta concentrazioni di potassio (K) e ferro (Fe) nettamente superiori a quelle del latte umano e bovino, rispetto ai quali ha minori contenuti in sodio (Na), per cui è più adatto all’alimentazione di soggetti con problemi di ipertensione.
Il contenuto in vitamina A, acido ascorbico e vitamina B12 del latte caprino è mediamente inferiore a quello del latte umano; esso è inoltre carente in acido folico rispetto alle altre specie zootecniche. La presenza di vitamina A come tale e non sotto forma di ß-carotene, come nel latte vaccino, rende il latte di capra e i formaggi derivati particolarmente bianchi.
Il caratteristico odore del latte di capra è in realtà meno marcato di quello dei suoi prodotti di trasformazione: su circa 30 componenti rilevate nel formaggio, solo 18 sono state trovate nel latte di origine. L’intensità di questo profumo è influenzata dallo stadio di lattazione, dal contenuto in cellule somatiche (CCS), dal contenuto in acidi grassi liberi e dal tipo di alimentazione.
(fonte: capre.it)
La sua composizione tipica lo rende preferibile al latte prodotto da altre specie zootecniche per il consumo umano diretto.
Per quanto riguarda la composizione, il latte di capra presenta delle caratteristiche differenti rispetto alle altre specie zootecniche.
I globuli di grasso presentano dimensioni minori rispetto a quelli del latte vaccino, con una maggiore superficie esposta che favorisce i processi di lipolisi, rendendo più digeribile il latte di capra. Questa peculiarità comporta però maggiori problemi di caseificazione del latte di capra, in quanto i globuli di grasso vengono inglobati più difficilmente nel reticolo caseinico, ottenendo minori rese, e provocano più facilmente irrancidimento, con conseguente maturazione più veloce dei formaggi caprini. Il latte di capra contiene inoltre percentuali superiori di acidi grassi a corta e media catena (da C10 a C14, capronico, caprilico, caprinico), responsabili del caratteristico odore e sapore dei formaggi di capra.
Le sostanze azotate sono costituite in massima parte da proteine (95-96%) e in minima parte da sostanze non proteiche (4-5%). La frazione proteica comprende caseine (as1, as2, ß e ?) e sieroproteine (a-lattoalbumina, ß-lattoglobulina, sieroalbumina e immunoglobuline). Le caseine sono presenti sotto forma di micelle in sospensione e precipitano quando il latte viene acidificato (coagulazione lattica) o per trattamento enzimatico con caglio (coagulazione presamica) o per centrifugazione ad alta velocità. Questi trattamenti sono alla base dei processi di trasformazione casearia. Il diametro medio delle micelle di caseina del latte di capra è inferiore a quello del latte vaccino e questo provoca la formazione di un coagulo più soffice e friabile. Questo rende il latte di capra più digeribile, ma meno idoneo a subire il processo di caseificazione.
Il latte di capra presenta una composizione in proteine più simile a quello umano che a quello vaccino. Il tasso di caseina è inferiore rispetto a quello bovino, mentre è superiore quello di sieroproteine, più facilmente digeribili rispetto alla caseina e di maggior valore biologico.
Il lattosio è lo zucchero (disaccaride) del latte e la sua concentrazione è direttamente correlata con la quantità di latte prodotto. È la componente meno variabile, anche se presente in minor quantità nel latte di fine lattazione o in presenza di ghiandole mammarie affette da mastiti.
Per quanto riguarda i minerali, il latte caprino presenta concentrazioni di potassio (K) e ferro (Fe) nettamente superiori a quelle del latte umano e bovino, rispetto ai quali ha minori contenuti in sodio (Na), per cui è più adatto all’alimentazione di soggetti con problemi di ipertensione.
Il contenuto in vitamina A, acido ascorbico e vitamina B12 del latte caprino è mediamente inferiore a quello del latte umano; esso è inoltre carente in acido folico rispetto alle altre specie zootecniche. La presenza di vitamina A come tale e non sotto forma di ß-carotene, come nel latte vaccino, rende il latte di capra e i formaggi derivati particolarmente bianchi.
Il caratteristico odore del latte di capra è in realtà meno marcato di quello dei suoi prodotti di trasformazione: su circa 30 componenti rilevate nel formaggio, solo 18 sono state trovate nel latte di origine. L’intensità di questo profumo è influenzata dallo stadio di lattazione, dal contenuto in cellule somatiche (CCS), dal contenuto in acidi grassi liberi e dal tipo di alimentazione.
(fonte: capre.it)
Utilizzo alimentare del latte caprino
Per le sue caratteristiche intrinseche, il latte di capra è più delicato rispetto a quello vaccino e sopporta con più difficoltà i trattamenti indispensabili per garantire la buona conservazione del latte dal confezionamento al consumo.
Tuttavia è possibile impiegare il latte caprino per il consumo fresco sottoponendolo dapprima in stalla a refrigerazione, per conservarlo nelle migliori condizioni possibili fino al momento della lavorazione, e successivamente a trattamento termico. Oggi è anche possibile la vendita e il consumo di latte crudo, non sottoposto a trattamenti termici, purché si garantisca una bassa carica batterica e assenza di patogeni.
Il processo che mantiene il più possibile inalterate le caratteristiche chimico-fisiche del latte appena munto è la pastorizzazione, in cui il latte viene sottoposto ad una temperatura dai 72° ai 78°C per un tempo di 15 secondi circa e poi rapidamente raffreddato a 4°C. La pastorizzazione ha lo scopo di distruggere tutti i microrganismi patogeni, di ridurre la microflora non patogena per poter conservare il latte per qualche giorno e di alterare il latte meno possibile. Questo trattamento non distrugge però le spore batteriche e i microrganismi termoresistenti e per questo motivo è necessario raffreddare molto rapidamente il latte appena pastorizzato. Oggi la pastorizzazione avviene mediante l’utilizzo di scambiatori di calore, costituiti da una serie di piastre ondulate e a strato sottile entro cui scorrono il latte e l’acqua calda in direzione opposta. Il latte pastorizzato, detto a "breve conservazione", si conserva per 3-4 giorni a temperatura di 4-6°C.
Se si vogliono invece eliminare tutti i microrganismi e le spore è necessario utilizzare un trattamento di sterilizzazione del latte, che consente di conservarlo alcuni mesi. Esistono due tipi di latte sterilizzato:
a media conservazione o UHT (Ultra High Temperature), sottoposto a 140-150°C per 2-5 secondi, può essere conservato fino a 3 mesi anche fuori dal frigorifero;
a lunga conservazione in bottiglia di vetro, sottoposto a 120-130°C per 15-20 minuti, può essere conservato fino a 12 mesi anche fuori dal frigorifero.
La sterilizzazione altera in modo significativo le caratteristiche chimico-fisiche del latte, soprattutto per quanto riguarda il contenuto di alcune vitamine (C, B1, B6, B12), che subiscono perdite percentuali in relazione alla severità del trattamento termico.
(fonte: capre.it)
Tuttavia è possibile impiegare il latte caprino per il consumo fresco sottoponendolo dapprima in stalla a refrigerazione, per conservarlo nelle migliori condizioni possibili fino al momento della lavorazione, e successivamente a trattamento termico. Oggi è anche possibile la vendita e il consumo di latte crudo, non sottoposto a trattamenti termici, purché si garantisca una bassa carica batterica e assenza di patogeni.
Il processo che mantiene il più possibile inalterate le caratteristiche chimico-fisiche del latte appena munto è la pastorizzazione, in cui il latte viene sottoposto ad una temperatura dai 72° ai 78°C per un tempo di 15 secondi circa e poi rapidamente raffreddato a 4°C. La pastorizzazione ha lo scopo di distruggere tutti i microrganismi patogeni, di ridurre la microflora non patogena per poter conservare il latte per qualche giorno e di alterare il latte meno possibile. Questo trattamento non distrugge però le spore batteriche e i microrganismi termoresistenti e per questo motivo è necessario raffreddare molto rapidamente il latte appena pastorizzato. Oggi la pastorizzazione avviene mediante l’utilizzo di scambiatori di calore, costituiti da una serie di piastre ondulate e a strato sottile entro cui scorrono il latte e l’acqua calda in direzione opposta. Il latte pastorizzato, detto a "breve conservazione", si conserva per 3-4 giorni a temperatura di 4-6°C.
Se si vogliono invece eliminare tutti i microrganismi e le spore è necessario utilizzare un trattamento di sterilizzazione del latte, che consente di conservarlo alcuni mesi. Esistono due tipi di latte sterilizzato:
a media conservazione o UHT (Ultra High Temperature), sottoposto a 140-150°C per 2-5 secondi, può essere conservato fino a 3 mesi anche fuori dal frigorifero;
a lunga conservazione in bottiglia di vetro, sottoposto a 120-130°C per 15-20 minuti, può essere conservato fino a 12 mesi anche fuori dal frigorifero.
La sterilizzazione altera in modo significativo le caratteristiche chimico-fisiche del latte, soprattutto per quanto riguarda il contenuto di alcune vitamine (C, B1, B6, B12), che subiscono perdite percentuali in relazione alla severità del trattamento termico.
(fonte: capre.it)
Effetti terapeutici del latte caprino
Gli effetti terapeutici del latte caprino sono noti da tempo e legati in particolare alla risoluzione di fenomeni di intolleranza alle proteine del latte vaccino (IPLV), patologia che interessa in modo importante i bambini sotto i 3 anni (2-7,5%). Le manifestazioni cliniche di questa patologia sono molteplici e di tipo gastrointestinale, cutaneo e respiratorio.
I risultati dell’utilizzo del latte caprino in sostituzione a quello bovino nei casi di IPLV ha dato effetti positivi nel 75% dei casi e questo probabilmente a causa dell’elevato polimorfismo dell’as1-caseina caprina. Nei casi in cui l’IPLV è stata trattata con latte caprino privo o con basso tenore di as1-caseina si è osservata una forte riduzione della reazione allergica, non ottenuta a seguito di trattamento con latte caprino ricco in questa frazione caseinica.
Il possibile impiego terapeutico in ambito pediatrico del latte di capra privo di as1-caseina potrebbe indurre alcuni allevamenti a selezionare riproduttori caratterizzati da carenza o assenza di questa frazione caseinica.
(fonte: capre.it)
I risultati dell’utilizzo del latte caprino in sostituzione a quello bovino nei casi di IPLV ha dato effetti positivi nel 75% dei casi e questo probabilmente a causa dell’elevato polimorfismo dell’as1-caseina caprina. Nei casi in cui l’IPLV è stata trattata con latte caprino privo o con basso tenore di as1-caseina si è osservata una forte riduzione della reazione allergica, non ottenuta a seguito di trattamento con latte caprino ricco in questa frazione caseinica.
Il possibile impiego terapeutico in ambito pediatrico del latte di capra privo di as1-caseina potrebbe indurre alcuni allevamenti a selezionare riproduttori caratterizzati da carenza o assenza di questa frazione caseinica.
(fonte: capre.it)